La zia di Franco

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La zia di franco è una serie che Giacomelli compose nel 1981 rielaborando alcune fotografie dell’ospizio degli anni ’50 ritraenti un’anziana, la zia di un amico di vecchia data, colui a cui il giovane Giacomelli si appoggiò per stampare le sue prime fotografie (’53/54), avendo Lanfranco Torcoletti uno studio fotografico a due passi dalla Tipografia Marchigiana.
L’ospizio gli permette di immergersi nei temi che lo assillano: la morte, la solitudine, il senso della vita, il rischio di disgregazione, la distanza, l’amore e la mancanza, la carne.
E lo tiene collegato alla figura della madre Libera: lei aveva lavorato lì come lavandaia dopo la morte prematura del marito. Luogo che sin dai primi anni ’30 il piccolo Mario aveva conosciuto, accompagnando, per un piatto di minestra, la madre al lavoro.

Nel corso della vita, Giacomelli compone diverse serie sul tema della vecchiaia, fotografando le anziane negli ospizi di Senigallia (anni ’54/59) e Urbino (1981), dando vita a diversi cicli narrativi: Ospizio (1954/56), Vita d’ospizio (1956/57), Perché (1959), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1966/68), Non fatemi domande (1981/83), Sala d’attesa (1981/83), Ninna nanna (1985/87), La zia di Franco (1993/94), E io ti vidi fanciulla (1993/94).

Le fotografie dell’ospizio sono come un’unica lunga serie, estrapolata dal tempo, a cui Giacomelli torna a risistemare nel corso dei decenni (a rivivificarne i soggetti), come a scongiurare la morte.