Presa di coscienza sulla natura

Immagini

Sono le fotografie di paesaggio aeree scattate da un Piper.

Nell’alto contrasto delle foto di questo periodo, e nella focale importanza dei segni, dell’astrazione e dell’essenzializzazione delle forme, resta sempre importante per l’artista (come rimarca nei suoi appunti per la stampa sui provini) mantenerla materia brulicante.

“Paesaggio come atto di espressione totale dove sento lievitare la natura, il flusso traumatico del tempo. È la dimensione dello spazio ridotto a un’emozione unica. Un’estensione della mia esistenza dove il quotidiano, il ripetitivo, viene come filtrato dal fluente dell’immaginario. Io non ritraggo il paesaggio ma i segni, le memorie dell’esistenza di un “mio” paesaggio. Non voglio che sia subito identificato, preferisco che si pensi a certi segni, alle pieghe-rughe che l’uomo ha nelle sue mani. Un tempo questo pensare al contadino mi affascinava, perché sentivo il paesaggio come un grande reportage, puro, forte, tutto ancora da scoprire, da vivere. Mi sono poi accorto che fotografavo invece la mia interiorità, attraverso il paesaggio trovavo la mia anima. […] La terra ha dei segni, delle pieghe, che mi chiedevano di essere fotografati, così mi è sembrato. I segni erano disposti in maniera che l’anima potesse godere, segni interiori riflessi come azione creativa, stordimento e allo stesso tempo conoscenza, distruzione che costruisce. Terra come percorso di voglie, di sensibilità, di penetrazioni, di orgasmi, perché non si ripetano le cose visibili. Forse io non ho mai fotografato il paesaggio: lo ho solo amato”.
(Mario Giacomelli, appunti manoscritti anni ’90, Courtesy Archivi Mario Giacomelli)